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Serena Salvia

Scrittura e fotografia:
Blasons di Georges Zaragoza

Il legame tra scrittura e fotografia nasce alla fine dell’Ottocento, esattamente cinquant’anni dopo la nascita del dagherrotipo nel 1838. Fu infatti Georges Rodenbach a dare inizio ad un nuovo filone narrativo, quello del romanzo fotografico, con il suo capolavoro Bruges-la-Morte del 1892. Per tutto l’Ottocento le fotografie si affiancano realmente alla scrittura assumendo una funzione prettamente decorativa volta a far identificare empaticamente il lettore con quanto viene narrato. In molti autori del Novecento, invece, la fotografia è presente in absentia nel testo perdendo la sua funzione descrittiva, e diventando un vero espediente narrativo.

Bruges

“Blasons” è il primo romanzo di Georges Zaragoza, professore di letterature comparate a “l’Université de Bourgogne”, edito da “le Cherche Midi” nel 2005. Ho avuto occasione di conoscere l’autore durante il mio soggiorno Erasmus nella cittadina francese di Orléans tra il 2006 e il 2007, in occasione della presentazione del suo libro.

Dopo averlo letto pensai che in “Blasons” ci fosse un ruolo completamente diverso della fotografia nella diegesi, e di certo scrivere una tesi su un romanzo quasi totalmente privo di bibliografia critica era una bella sfida.

“Blasons” è un romanzo dove i confini tra fiction e autofiction non sono ben tracciati, e si intrecciano sottoforma del diario scritto dal protagonista in occasione di una vacanza nella cittadina balneare spagnola di Rosas.

Gli elementi fondamentali di questo romanzo sono, appunto, il diario, e una macchina fotografica che compra dopo il suo primo giorno di vacanza. Il primo, almeno inizialmente, è l’unico alleato di questo cinico misogino che, costretto ad andare in villeggiatura dalla famiglia, non trova altro modo per sopravvivere a quella situazione annotando meticolosamente tutto ciò che vede e ironizzando il suo fingersi vedovo e malato agli occhi della sua altrettanto sola compagna di tavolo. Qualcosa, tuttavia, turba la sua apparente insensibilità: una donna che si abbronza senza veli su un terrazzino visibile dalla finestra del bagno della sua camera d’albergo, sempre alla stessa ora, ogni giorno.

Ed è proprio per Lei, l’ “Inconnue”, che quest’uomo, da sempre avverso alla fotografia, compra una potente macchina fotografica in grado di fissare, di scrivere una parte del suo corpo.

Non sappiamo, infatti, né quanti anni possa avere, né come sia fisicamente, si intuisce che sia bella, ma egli non la fotografa mai a figura intera. Ogni giorno uno scatto imprigiona un suo dettaglio, ma non si tratta di un’immagine definita, poiché l’obiettivo si avvicina talmente tanto al suo oggetto da ricavarne una visione poco nitida, un particolare riconoscibile solo all’autore del suo scatto. È così che il diario, non casualmente chiamato Chambre Noire, raccoglie, fissa, non solo le vicende, gli incontri, i pensieri di quella vacanza, ma anche quegli scatti depositari delle emozioni del protagonista, poiché è attraverso la fotografia che egli riscopre la capacità di emozionarsi prendendo coscienza della sua condizione di isolamento, percependo la sua totale incapacità di amare.
Blasons

Il lettore percepirà, dunque, lo scrivere su carta come espediente secondario rispetto al fotografare, un mero supporto. La foto diventa l’espediente narrativo mediante il quale l’eroe romanzesco ripropone in termini del tutto nuovi e moderni l’antico omaggio poetico alla donna, il blasone seicentesco. La funzione testimoniale dell’immagine in questo testo è, tuttavia, “spezzata” dall’ échec fotografico finale:

[…] Pertanto il fatto che non si riuscirà a svilupparne nessuna, può far pensare che anch’esse non abbiano un valore assoluto di documento, cosa che invece sembra avere la scrittura, la vera fotografia, fotografia della fotografia, in quanto in essa saranno per sempre custodite le foto mai sviluppate e le esperienze di questo viaggio in Spagna.1

L’etimologia della parola fotografia, dal greco photòs e graphia, scrittura della luce, fa riflettere sul fatto che sia la scrittura che la fotografia abbiano l’obiettivo di custodire, di fissare la memoria, seppur con mezzi differenti; e di essere al contempo documento e monumento, informazione e testimonianza, per dirla alla Le Goffe. Tuttavia, in Zaragoza, come in altri scrittori del Novecento, l’Immagine perde il suo statuto esclusivo di ricordo, per affidarlo alla parola.

Serena Salvia

 

  1. Serena Salvia, Scrittura e fotografia in Blasons di George Zaragoza, 2007, pag. 82

Pour en savoir plus sur Georges Zaragoza: il suo CV
su Vox Poetica e una recensione su EVENE.FR

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